Storia. I campi di internamento in Molise: Convento di
San Bernardino di Agnone
Allestito nel 1940, accoglie rom provenienti dalla Iugoslavia
I CAMPI DI INTERNAMENTO IN MOLISE
UNA BREVE ANALISI
di Giorgio Giannini
Pochi mesi dopo
l’ingresso in guerra dell’Italia (10 giugno 1940), il Governo fascista emana il
Decreto 4 settembre 1940 con il quale sono istituiti speciali Campi nei quali
possono essere raggruppati i sudditi nemici internati (i cittadini stranieri,
soprattutto di religione ebraica, fuggiti dai loro Paesi prima della guerra e
venuti in Italia nella speranza di scampare alla persecuzione religiosa o
politica). In alternativa,le persone possono essere obbligate a soggiornare in
una località determinata, sotto la sorveglianza ed il controllo dell’Autorità
locale di Pubblica Sicurezza.
Gli Internati appartengono a varie categorie, classificate dalle Autorità:
ebrei stranieri, sudditi nemici (compresi i cinesi), ex Jugoslavi (soprattutto
Dalmati), allogeni della Venezia Giulia (Sloveni), italiani pericolosi
(antifascisti), italiani condannati per infrazioni annonarie (soprattutto per
praticare la borsa nera) ed anche fascisti caduti in disgrazia perché critici
verso il regime.
In alcuni Campi ci sono solo donne , anche se solo per un periodo, come a
Lanciano.
I Campi sono istituiti in genere in strutture private prese in affitto dal
Ministero dell’Interno, compresi Monasteri e fabbriche dismessi.
È difficile ricostruire il numero delle persone internate, in quanto nei
registri (laddove ci sono pervenuti) i nomi sono spesso cancellati oppure
mancano delle pagine. Non si conosce neppure l’elenco preciso dei Campi e delle
Località di Soggiorno Obbligato. Il numero accreditato dagli storici è di circa
200 luoghi di Internamento, istituti in Italia, nei Paesi occupati e nelle
Colonie.
L’ORGANIZZAZIONE DEI
CAMPI
Secondo il Decreto 4
settembre 1940, i Campi sono sotto la sorveglianza ed il controllo del
Ministero dell’Interno, che vi delega un funzionario di Pubblica Sicurezza (un
Commissario o un Ufficiale di Polizia). Talvolta, però la Direzione è affidata
al Podestà (Sindaco) del Comune.
La vigilanza è in genere affidata ai Carabinieri della locale Stazione, che
installano un posto fisso di guardia all’interno del Campo o nelle immediate
vicinanze. Talvolta, vi sono anche Poliziotti, che svolgono in genere funzioni
amministrative.
Con un apposito Regolamento è disciplinata l’attività degli internati e i loro
diritti e doveri. Possono svolgere alcuni lavori, conformi al loro rango,
ricevendo un equo compenso, determinato dal Ministero dell’Interno. Devono
essere trattati con umanità e devono essere protetti contro ogni offesa o
violenza e non possono essere destinati in località esposte al fuoco nemico
(vicino al Fronte di guerra) o insalubri.
Hanno diritto alla libertà di religione e di culto e conservano gli effetti e
gli oggetti di uso personale. Normalmente, di giorno, possono circolare nei
dintorni del Campo e nel Paese vicino, ma non possono interessarsi di argomenti
politici o militari.
Le spese per il loro mantenimento sono a carico dello Stato, salva rivalsa sui
loro beni o sul compenso da essi percepito per il loro lavoro. Se il Campo non
ha la mensa,mangiano presso trattorie pagando con il sussidio del Ministero
dell’Interno.
Non possono spedire o ricevere corrispondenza postale o telegrafica o pacchi se
non tramite l’Autorità di P. S. che ha la vigilanza su di loro. Non possono
detenere titoli, gioielli ed oggetti di valore, che devono essere depositati in
cassette di sicurezza presso una Banca, e neppure somme di denaro superiori ai
bisogni ordinari,che devono essere depositate presso una Banca locale o
l’Ufficio postale, con un libretto intestato, dal quale però possono ritirarle
liberamente.
All’assistenza sanitaria provvede il Medico Condotto o l’Ufficiale Sanitario
del Comune. In caso di necessità e per le visite specialistiche, sono
accompagnati dai Carabinieri in ospedale o in città.
Le condizioni igieniche dei Campi sono spesso precarie per il sovraffollamento
e per la mancanza di acqua corrente e di adeguati locali adibiti a bagno.
Le condizioni di vita degli internati sono in genere accettabili solo per i
sudditi nemici che ricevono dalla Croce Rossa Internazionale (CRI) pacchi con
generi di conforto, comprese le sigarette.
La dimensione dell’Internamento nella Regione è stata esaminata dagli studiosi
che hanno raccolto notizie abbastanza precise per le 5 località di
internamento: Agnone, Boiano, Casacalenda, Isernia, Vinchiaturo (tutte
nell’unica Provincia di Campobasso).
AGNONE
È allestito nel luglio 1940 nell’ex Convento di S. Bernardino da Siena, di
proprietà della Diocesi di Trivento (?), che dopo essere stato abbandonato per
un lungo periodo, era stato adibito dal 1931 a Seminario estivo. Ha una
capienza di circa 150 posti, sistemati in 7 camere grandi e 9 piccole. Manca
l’impianto di riscaldamento.
È diretto da un Commissario di Polizia. La vigilanza è affidata ai Carabinieri,
che allestiscono un posto fisso nell’edificio.
All’inizio, gli internati sono solo uomini, appartenenti alle categorie dei
sudditi nemici (soprattutto inglesi) e degli ebrei stranieri (soprattutto
tedeschi ed austriaci). Successivamente, i primi vengono trasferiti in altri
Campi. Nel luglio 1941, anche gli ebrei (57) sono trasferiti ad Isernia ,
mentre dal Campo di Boiano, che viene chiuso, arrivano il 15 luglio 58 Rom. Da
allora il Campo diventa misto (uomini e donne) e accoglie solo rom originari
della Jugoslavia, salvatisi dallo sterminio pianificato dagli Ustascia croati.
Da questo momento le
condizioni di vita degli internati rom peggiorano notevolmente e soffrono anche
la malnutrizione. Anche la libertà di movimento è notevolmente ristretta,
mettendo anche delle inferriate alle finestre, in quanto i rom attuano vari
tentativi di evasione e spesso venivano alle mani tra di loro, causando risse.
Però, quando la CRI effettua una ispezione, il 21 giugno 1943, sia
l’alimentazione che le condizioni igienico-sanitarie sono migliorate. Infatti,
i rom coltivano l’orto, possono lavarsi con acqua calda tre volte al mese ed un
medico effettua periodicamente delle visite. I malati più gravi sono trasferiti
all’ospedale di Isernia. Alcuni rom sopravvissuti hanno dichiarato che la vita
per loro era abbastanza accettabile, essendo abituati a vivere in condizioni
molto precarie.
Dopo l’8 settembre, i Carabinieri liberano gli internati, molti dei quali si
uniscono ai partigiani. Altri, invece, rimasti nella zona, vengono catturati
dai tedeschi ed impiegati nella scavo di fossati anticarro e nelle deposizione
di mine.
BOIANO
È allestito, nell’estate 1940, in un ex tabacchificio, di proprietà della
società Saim e situato nella periferia del paese, vicino alla ferrovia. Può
accogliere, secondo un rapporto del Ministero dell’Interno, 250 internati
normali oppure 300 zingari (rom), alloggiati in tre capannoni, cinti da
reticolati e con le inferriate alle finestre, mentre in un altro ci sono la
cucina, il refettorio ed altri servizi.
E’ diretto da un Commissario di Polizia e la vigilanza è affidata ai
Carabinieri, che allestiscono un posto fisso nel Campo, ed ad alcuni
Poliziotti.
I primi internati arrivano nel settembre 1940 e sono soprattutto Rom, cinesi ed
ebrei stranieri. Le condizioni di vita sono alquanto precarie, tanto che il 3
febbraio 1941 un rappresentante degli internati si lamenta con l’Ispettore del
Ministero dell’Interno per le condizioni antigieniche dei locali e per la
qualità e la quantità del vitto.
Iniziano quindi i lavori di ristrutturazione dei capannoni, in cui ci sono
anche infiltrazioni di acqua piovana, ma poi si decide, anche su parere
dell’Ispettore Generale del Ministero (Rosati) di chiudere il Campo; così, il
15 luglio 1941 i 58 Rom presenti sono trasferiti ad Agnone.
CASACALENDA
È allestito nelle’estate 1940 nell’ex Convitto della Fondazione Caradonio-Di
Blasio,ubicato vicino ad un Ginansio-Liceo, nel centro storico. L’edificio
dispone di 3 stanze grandi e 9 piccole, con circa 150 posti. La mensa è
autogestita.
Vi sono internate solo donne, appartenenti alle categorie dei sudditi nemici
(inglesi), degli ebrei stranieri (tedesche e polacche) e degli ex Jugoslavi
(soprattutto dal 1942).
La Direzione è affidata ad un Commissario di Polizia, coadiuvato da una
Direttrice, mentre la vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri e Poliziotti
(con compiti prevalentemente amministrativi). All’assistenza sanitaria provvede
un medico del paese e per le visite mediche specialistiche le internate si
recano a Campobasso, con la scorta dei Carabinieri
Le internate hanno 3 ore al giorno di libera uscita, nelle vicinanze del Campo.
Il 22 giugno 1943, c’è una visita della CRI. Sono presenti 49 internate e
quelle provenienti dalla ex Jugoslavia protestano per l’imposizione del saluto
romano e per non poter ricevere pacchi viveri e di altri generi di conforto. La
CRI invia al Ministero dell’Interno una copia del rapporto degli Ispettori,
chiede maggiore omogeneità di trattamento tra le diverse categorie di internate
e versa un assegno di 1.600 lire, da dare alle internate ex Jugoslave affinchè
possano acquistare indumenti e supplementi di viveri.
Dopo l’8 settembre, le internate straniere vengono liberate, in base alle
disposizioni dell’Armistizio, in attuazione delle quali il Capo della Polizia
emana il 10 settembre una Circolare.
ISERNIA
È allestito nelle’ex Convento delle Benedettine, ubicato sulla strada
principale della cittadina, con una capienza di circa 120 posti, in 4 camerate
al piano terra ed altrettante al primo piano. In verità, la capienza risulta
inferiore, in quanto alcuni locali vengono ceduti alla vicina scuola.
La Direzione è affidata ad un Commissario di Polizia (il primo è trasferito per
punizione a Casacalenda in seguito alla fuga di due internati stranieri –uno
jugoslavo ed un rimeno). La vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri e
Poliziotti (con compiti prevalentemente amministrativi).
Gli internati appartengono ad varie categorie:sudditi nemici,ebrei stranieri,ex
Jugoslavi, allogeni della Venezia Giulia ed italiani pericolosi.
Nell’estate 1941, è acquisita una sala cinematografica, con il pavimento in legno,
nella quale vengono sistemati gli ebrei trasferiti da Agnone, i quali, ben
presto protestano per le ristrettezze dello spazio e per le precarie condizioni
igieniche e chiedono,il 19 settembre, l’intervento del Nunzio Apostolico
(l’Ambasciatore del Vaticano presso lo Stato italiano) per essere trasferiti a
Notaresco (Teramo) o a Campagna (Salerno). Il loro trasferimento è sollecitato
anche dal Prefetto di Campobasso. Pertanto, dal 9 gennaio 1942, gli ebrei
stranieri vengono trasferiti a Ferramonti di Tarsia (Cosenza) ed al loro posto
arrivano ex Jugoslavi.
Dopo l’8 settembre, il Campo non è chiuso ed alcuni internati muoiono in
seguito al bombardamento della città del 12 settembre.
VINCHIATURO
È allestito in un edificio privato, della famiglia Di Nonno,in Via Libertà, nel
centro storico, senza riscaldamento (durante l’inverno sono messe alcune stufe
a legna), con una capienza di 50 posti, ma in verità la capienza è inferiore.
Vi sono internate solo donne. Pertanto, accanto a Direttore (che è il Podestà-Sindaco
del Comune) vi è una Direttrice (Amalia Vacalucci,una insegnante in pensione).
La vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri ed all’assistenza sanitaria
provvede il Medico Condotto del paese.
Le internate sono quasi tutte straniere (ebree, ex jugoslave, prostitute slave)
ma ci sono anche alcune antifasciste italiane ed una Rom. Pertanto,la
convivenza, sia per il sovraffollamento che per le differenti categorie sociali
di appartenenza, è alquanto difficile. Per questo, due internate tentano il suicidio,
nell’estate del 1940 e nel gennaio 1942.
Le internate hanno alcune ore al giorno di libera uscita, nelle vicinanze
dell’edificio e talvolta possono recarsi in campagna, con la scorta dei
Carabinieri. Il giovedì, le cattoliche, possono recarsi in Chiesa per la messa.
In inverno, alcune internate, per passare il tempo, insegnano la loro lingua
alle altre ed alcune dipingono.
Il 21 giugno 1943, gli Ispettori della CRI visitano il Campo,che è ritenuto
idoneo ad accogliere non più di 35 persone. Quindi, su richiesta esplicita
della CRI, 10 internate vengono trasferite in altri Campi.
Dopo l’8 settembre, le internate straniere vengono liberate, in base alle
disposizioni dell’Armistizio, in attuazione delle quali il Capo della Polizia
emana il 10 settembre una Circolare.
CONCLUSIONI
È auspicabile che i Comuni in cui sono ubicati i Campi si impegnino per la loro
conservazione ed appongano almeno una lapide sugli edifici che sono stati
luoghi di internamento, per creare un percorso della Memoria, che serva da
monito per le future generazioni, soprattutto i giovani, sulle atrocità
commesse dal regime fascista.
La Commissione Cultura della Camera dei Deputati ha approvato nel 2002 un
Ordine del Giorno con cui si impegna il Governo a promuovere un progetto per
l’individuazione di tutti i Campi di internamento in Italia, per creare un
Percorso della Memoria. Confidiamo che questo risultato si possa presto
realizzare.
Riferimenti
bibliografici:
K. Voigt, Il rifugio
precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, Voll. 2, La Nuova Italia,
Firenze 1996
C. Di Sante, I campi di concentramento in Italia. Dall’internamento alla
deportazione (1940-1945), Atti del Convegno di Teramo 23-24 marzo 1998, Franco
Angeli, Milano 2001
Fabio Galluccio, I Lager in Italia, Libere Edizioni Nonluoghi, Civezzano
(Trento) 2002
Carlo Spartaco Capogreco, I campi del Duce. L’internamento civile nell’Italia
fascista (1940-1943), Einaudi, Torino 2004
http://www.instoria.it/home/campi_concentramento_molise.htm
Foto del 1950
Nessun commento:
Posta un commento